Il documentario su San Patrignano disponibile da qualche giorno su Netflix è fatto molto bene. Mi ha davvero stupita. Che si sia pro o contro la struttura e la figura di Muccioli, la narrazione è avvincente e porta una produzione italiana ad alto livello, come i migliori prodotti esteri dello stesso genere. E' raro, infatti, che produzioni di questo tipo lascino gli spettatori liberi di farsi un'opinione sui protagonisti e sulle vicende narrate. Se non avete vissuto quegli anni o se non avete già una presa di posizione netta sull'argomento, vi potrà capitare di cambiarla nel corso delle puntate.
Per quanto mi riguarda, un grande pregio dell'aver rivissuto quel periodo storico tramite le testimonianze e i video di repertorio, è l'aver riportato alla memoria ricordi che noi 40/50enni tendiamo a edulcorare molto. D'altra parte chi è stato giovane negli anni '80 e primi anni '90 ha vissuto un periodo in cui tutto sembrava esagerato, colorato, divertente. In larga parte dovuto proprio anche al dilagare della droga nel mondo dello spettacolo (e non solo).
Tra i miei primi ricordi di bambina ci sono le raccomandazioni dei genitori di stare attenti alle siringhe abbandonate mentre giocavamo per le strade (e alla fine degli anni '70 inizio '80 non sapevamo ancora dell'AIDS). Ce n'erano tante, persino in una città sonnecchiosa e provinciale come Piacenza. Le ricordo ovunque, ad esempio sulla strada Malchioda che portava alla Besurica e che all'epoca non era nemmeno asfaltata. Per non parlare dei giardini Margherita, la stazione e tanti altri posti che adesso sembrano il diavolo perché ci si trovano ancora spacciatori e "stranieri" ma che già all'epoca erano il più possibile off-limits, specialmente se si girava da soli.
Anche un po' più avanti negli anni, tra chi ne faceva uso e chi la viveva di riflesso come me (dovendo convivere con amici/colleghi che ne erano schiavi), la droga è sempre stata un argomento tabù che però era presente quotidianamente nelle nostre vite. Non che oggi sia sparita ma ci sono stati momenti in cui, soprattutto l'eroina, sembrava un male con cui non si potesse fare altro che convivere.
Il contesto è importante per capire come siano potute accadere certe cose ma, tornando al documentario, riesce a trasmetterlo anche a chi non era ancora nato o era troppo piccolo o sbadato per ricordare.
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